L'assurdo è il mistero
La famiglia nella frenesia della comunicazione ha bisogno di mistero

A cura di Dante Balbo



Michele Fazioli, uomo mediatico così noto da non chiedere presentazioni, è stato invitato a tenere il secondo incontro del ciclo "alla Ricerca delle Parole Perdute" di cui abbiamo scritto nella rivista n. 6 1999.

A lui è stato affidato il compito di trattare la "verità", proprio in relazione alla sua professione che della verità è veicolo importante in questa nostra epoca.
Dalla sua relazione, densa di spunti, abbiamo tratto qualche idea che presentiamo qui di seguito.


Cinquecento anni in un soffio

"Credo che quando scriveranno la storia di questi secoli diranno che nell'Ottocento e nel Novecento è avvenuta una rivoluzione prodigiosa e clamorosa, che ha dell'incredibile, che è la rivoluzione del modo di comunicare degli uomini. Sono state inventate molte altre cose e molti altri avvenimenti sono accaduti: la trasformazione della condizione femminile, la democrazia,...
Benché sembri elementare, per secoli e millenni, l'uomo ha sempre comunicato ciò che pensava o trasportato le merci nello stesso identico modo, e poi, in duecento anni, ha cambiato tutto...
Capite perché parlo di rivoluzione! Per secoli e secoli l'uomo ha usato la ruota, il cavallo, la vela; le grandi notizie, le grandi scopertine/coperte sono sempre passate attraverso l'uomo che portava i messaggi a cavallo, la ruota dei carri, la vela che solcava i mari.
L'America è stata scopertine/coperta grazie alla vela. Il Vangelo è stato portato in pochissimi decenni dal Medioriente fino al cuore dell'impero dai pié dei discepoli, dalle ruote dei carri, dalle vele (spesso anche naufraganti) dei discepoli e dei messaggeri. E questo per secoli.
Sono cambiati i contenuti, sono cambiati i modi sofisticati, sono passati i capolavori, le disgrazie, le guerre, le buone notizie, le invenzioni, ma la comunicazione è sempre stata quella. Non c'è mai stata altra comunicazione se non qualche anticipazione quasi umoristica (il tam-tam della foresta, che poteva essere la prefigurazione della radio, o i segnali di fumo degli indiani, che potevano essere la prefigurazione della televisione).
Nel '78, quando è stato eletto l'ultimo papa, in un secondo tutte le campane della cristianità si sono messe a suonare.

Se comunicare diventa così totalizzante, immediato, diretto, l'uomo in qualche modo cambia.
Abbiamo la televisione, abbiamo internet, siamo tutti più informati, sappiamo molte più cose, quindi possiamo giudicare meglio, saremo più colti, magari a poco a poco persino più intelligenti.
Questo è il positivismo, che io chiamo l'idolatria della tecnologia e della scienza, per cui tutto ciò che la scienza scopertine/copre di nuovo è di per sé positivo. L'uomo di oggi, di conseguenza, è migliore di quello di ieri, perché è più in fretta e meglio informato. Io non sono molto d'accordo; e tuttavia lavoro in un mezzo splendido come la televisione che fa parte di questo concerto di strumenti comunicativi e dico anche che se la televisione non ci fosse bisognerebbe inventarla.
Noi oggi siamo molto più informati, ma siamo meglio informati di ieri?
Io avevo una nonna che è morta molto anziana, negli anni Settanta, quasi centenaria. Io dicevo: "Questa mia nonna non ha 95-96 anni, ne ha 500". Mia nonna è nata in Valle di Blenio, quando non c'erano radio, telefono, televisione, non c'era nulla. Ha cominciato a vedere il fumo del vapore del treno della Gotthardbahn ed è stata bambina così. La sera, d'inverno, andavano nelle stalle di Malvaglia, dove c'era il fiato caldo delle mucche per risparmiare sul fuoco, e tutti raccontavano delle storie nella stalla con l'odore e con il caldo delle mucche.
Mia nonna ha fatto in tempo a vedere il treno elettrico, il telefono, la radio, la televisione. E' volata in aereo a ottant'anni per il matrimonio di una nipote a Londra ...

L'informazione ingannata e l'inganno dell'informazione

Ci sono state delle guerre che erano narrate dieci mesi dopo (le guerre dei cristiani contro i saraceni): ci voleva un anno per sapere come era andata a finire.
Nel 1991 c'è stata la Guerra del Golfo, la più vista in televisione, ma è stata quella di cui noi non abbiamo saputo nulla.
Abbiamo visto per decine di giorni razzi verdastri nella notte girare sopra il cielo di Bagdad e ogni giorno conferenze stampa di generali americani in tuta mimetica che facevano vedere delle cose su delle lavagne. Ma la guerra vera del Golfo nessuno l'ha vista. Il grande, sofisticato "circo" dei media l'ha fatta vedere e ce l'ha nascosta.
Qualche anno prima, la guerra del Vietnam, con la televisione in bianco e nero, era stata mostrata agli americani in un modo molto più crudo ...
qualche specialista ha detto: "Gli Americani hanno perso la guerra in Vietnam, prima che sul campo, alla televisione".
Abbiamo vissuto televisivamente la tragedia della caduta del regime Rumeno di Ceausescu e la televisione, all'ora di cena, ci aveva fatto vedere decine di cadaveri che sarebbero stati sgozzati dalla polizia di Ceausescu... e poi si è scopertine/coperto che erano i cadaveri di un istituto di patologia ...
La somma enorme ed abnorme di informazione non porta una maggiore conoscenza, ma a un "pressapochismo", a un "tritatutto", a un "tour-mix" di notizie, a una sorta di salsa tartara delle news, di ciò che accade, per cui, alla fine, tutte le notizie diventano uguali.
I mass-media servono; per fortuna ci sono. Laddove non ci sono organi di informazione di solito ci sono le dittature; solo le dittature avevano una sola televisione in bianco e nero che non diceva mai niente, e un solo giornale...
Se un giovane della striscia di Gaza muore per una pallottola israeliana, o un soldato istraeliano muore per un colpo di sasso in testa di un arabo, tutti i telegiornali danno questa notizia), ma ci sono altri centinaia di migliaia di uomini e di donne che muoiono per colpi di sassi e di pallottole di cui nessuno dice mai niente.
Chi detiene questo potere? Chi decide che questa notizia è importante e quest'altra no? Noi, i giornalisti.
La conferenza stampa del generale Schwazkopf ce la mandavano i grandi poteri informativi americani, i grandi net-works che decidono cosa fare e non fare. Tant'è vero che Cornelio Sommaruga, presidente del CICR, in un'intervista che fece con me, parlando della Guerra in Bosnia, diceva che si erano accorti (loro della Croce Rossa) che gli eccidi, anche i più efferati, i cecchinaggi per esempio, avvenivano là dove erano accese le telecamere.
Il ragionamento perverso era: "Se il nostro delitto, la nostra azione guerresca, avviene di fronte alle telecamere esiste, crea emozione. Se invece noi uccidiamo e nessuna telecamera filma ciò che noi facciamo è come se non lo facessimo.
Questo è agghiacciante: "Video, ergo sum".
L'esserci o non esserci da parte di una telecamera implica anche una categoria morale, di scelta: prima ancora di dire se è vero o non è vero, è giusto o non è giusto?


Nella carne, la verità

Si dice "la libertà dei mass-media implica che ci siano molte televisioni, molti giornali, molte radio, e che ognuno dia la sua voce, e che il pubblico comperi il prodotto che preferisce.
Salvo che per stare a galla, per poter "vivere", bisogna fare in modo che il pubblico ci comperi, e perché ci comperi, bisogna che gli si dia quello che vuole; e il pubblico siamo noi.
E noi non siamo angeli, noi abbiamo anche le viscere; abbiamo un cuore, abbiamo un ventre, abbiamo un bassoventre...
E quindi, qualche volta, è più facile dare al pubblico ciò che la sua visceralità chiede più che ciò che la sua intelligenza o il suo cuore domanderebbero.
Hanno tentato in America di fare un telegiornale rosa, solo con belle notizie; l'hanno dovuto chiudere, perché le belle notizie sono belle da vivere, le brutte notizie sono spesso belle da vedere in televisione.



In un incontro di carne, la verità

Ogni uomo ha, se grattate bene, in fondo al suo cuore, un desiderio, di felicità, del bene, del bello e del vero. Non credete che lo stesso uomo che guarda il televisore non abbia qualche volta il desiderio di vedere qualcosa di più impegnativo, di più difficile, inquietante, ma che sia in grado di rispondere a quella domanda fondamentale?

Il dramma del nostro tempo, a mio parere è che, così come l'io, la persona, viene segmentata, spezzettata, anche la realtà viene rotta in segmenti. Noi crediamo di sapere, di giudicare, di conoscere, ma non conosciamo più bene, perché non abbiamo più il coraggio di guardare la realtà per intero.
La realtà ci è data. la realtà è un segno.
Se noi potessimo ogni tanto, con tutte le nostre magagne, sgranare gli occhi sulla realtà con desiderio di stupore, allora potremmo fare i conti con la realtà.
Julien Rise, un antropologo, ha detto:
"Si dice che l'uomo è diventato sapiens quando ha cominciato ad aguzzare la felce per fare delle lance e costruire degli utensili. No: l'homo sapiens è diventato sapiens quando ha cominciato a non abbandonare i suoi morti in giro, ma a seppellirli, a lasciare un segno dove erano seppelliti e a non abbandonare mai più il luogo dove i propri cari sono morti." L'umanità è nata dove è cominciato un rapporto - ancora balbettante ed oscuro - con il mistero, con il sacro, con il dopo, con il forse, con l'oltre.
Per finire: io non vi so dire cos'è la verità, ma se il mio desiderio è di essere felice ed intuisco che la felicità è ciò che è bene, è ciò che è bello, è ciò che è veramente vero, io capisco che la mia felicità è di conoscere finalmente questo "perché" che mi fa parlare, piangere, ridere, cantare, vivere, mangiare, dormire, e un giorno anche morire. Allora, se questa risposta è il vero, la verità è questa, cioè il mistero per cui io ci sono, per cui voi ci siete.
Questo è il cristianesimo: aver incontrato una persona acui vale la pena andare dietro tutta la vita. Allora, se uno comincia a incontrare delle cose, delle persone, un'abbraccio, a incontrare su dei volti la persuasione che lì ci sia quella traccia, quel barlume del "mistero" che ci ha fatti tutti... questo comincia a voler dire "essere cristiani".
Se questo "mistero", in qualche modo, è quello che governa il mondo, è quello che mi governa, io lo devo amare, io devo cercare di incontrarlo. Io, da cristiano, dico che per me questo "mistero" si chiama Gesù Cristo.